Tuesday, August 29, 2017

Mia cara F.


Mia cara F.,

Sono C., probabilmente non ti ricordi di me, o avrai solo ricordi offuscati del mio essere. Una vita è lunga da vivere, e noi non siamo stati che due sconosciuti che si sono incrociati durante il cammino. 

Ci siamo incontrati in una bettola seminterrata a cavallo tra il bosco e la radura. Era una bella serata di agosto molto calda. Il locale, per quanto squallido e male illuminato, era in pieno fermento estivo e i clienti si godevano la brezza serale sorseggiando nettari variopinti. Un buon blues ritmato si confondeva al brusio dei clienti inebriati. Il gruppo che si esibiva dopo di me non era male. Quella sera non era di certo la mia sera: sul palco feci una magra figura e decisi di terminare al bancone con la mia malinconia profonda come compagna di bevute. Forse il mio sguardo perso, forse la tua totale inadeguatezza per il luogo ma i nostri occhi si sono incrociati, è per quello che ho scelto di parlarti.
Di quel discorso non hai probabilmente memorizzato nulla, presa come eri dai tuoi impegni, dalle tue giornate piene e dalla tua incapacità di vivere il momento presente, con quegli occhi in costante movimento incapaci di fissarsi su di un oggetto alla volta. Ma quella serata, quelle parole hanno cambiato la mia vita.
Continuando a vivere ho capito molto di quelli come te. Voi non siete fatti per vivere con noi. Presi come siete dal flusso continuo dei vostri compiti, non riuscite a distogliervi dagli obiettivi che vi ponete. Tutta la vostra vita è mirare a qualcosa, se poi la ottenete, non siete soddisfatti, continuate a mirare oltre. Pensate forse che qualcuno vi noterà? Non vi rendete per caso conto che in questo brulicare di vite, in questo fiume di esseri nessuno è indispensabile? Essere il migliore adesso in questo posto non significa nulla. Siamo granelli di sabbia in una spiaggia, ma siamo allo stesso tempo separati da un universo illimitato e buio. Nessuno cerca mai di rendere quello che ti meriti dopo una vita di costante dedizione al tuo lavoro, sono tutti troppo concentrati su se stessi per notare il talento degli altri.
Sono state queste parole a farci litigare. Gente come te ne ho vista molta e forse quello era il momento meno adatto a uno scambio pacifico di idee.
Ho sempre fatto quello che volevo della mia vita, pensando solo a riempire il mio stomaco e a divertirmi. Sono stato fortunato, lo ammetto. Ho sempre avuto un talento innato per la musica. Però non ho mai voluto superare i miei limiti. Chiaro, molti credevano che avrei aperto una breccia, che sarei diventato famoso. 
A me non andava di sforzarmi, la mia musica mi dava sempre quel minimo che bastava per permettermi quelli che per me erano lussi: da mangiare, per il corpo; da bere, per i nervi; da amare, per l’anima. E questo mi è sempre bastato, non ho mai chiesto altro. Ed ho vissuto consumando, senza mai pensare al domani. Racimolando qua e là, dormendo dove capitava, perdendomi negli occhi di quelle che si sono lasciate incantare dalle mie note.
Io sono conscio delle mie scelte, so a cosa mi ha portato questa vita, ma l’ho vissuta assaporando con gioia ogni istante. I tuoi occhi agitati, li ricordo come fossero qui davanti adesso, invece non guardavano al presente, erano proiettati verso un tempo che forse non sarebbe mai arrivato. 
Il tuo capo ti aveva trattata male quella sera, per questo eri venuta a bere. Se ne approfittava nonostante sapesse quanto fossi più valida dei colleghi in laboratorio, e ti mandava sempre fuori a recuperare il materiale nonostante ci fossero altri più adatti. A tuo dire valevi di più ma eri trattata come chiunque. Era questo che ti disturbava, è questo che vi ferisce. L’essere sostituibili. Proprio non riuscivi a mandarlo giù ed è per quello che ci stavi male. E fu per quello che abbiamo litigato. Tu urlavi alle tue colleghe inette, ai tuoi superiori, non a me. 
Io, al contrario di te, l’ho sempre saputo. Nonostante le mie doti canore, un dono divino, non ho nessun merito per questo, sono sempre stato conscio di una cosa: ci sarà sempre qualcuno dopo di me, che butterà anima e corpo in quello che faccio e riuscirà a farlo meglio di chiunque altro. 
Che si goda la fama allora, mentre io mi godo la vita che non avrà il tempo di vivere. Ho scelto di utilizzare le mie risorse al minimo, solo per ottenere una momentanea e intensa gloria.
Quella notte era particolare. Urlavamo troppo e l’oste ci cacciò. Barcollavo un po’ e allora mi hai aiutato a camminare, è stato in quel momento che ci siamo sfiorati. Un brivido mi ha percorso l'addome, e il resto è stato automatico. 
Il sesso di quella notte è stato qualcosa di diverso da quello che ero abituato a fare. Ricordo ancora ogni momento, riesco a rivivere ogni istante con la mia mente. Ho cantato per te canzoni antiche, provenienti da paesi lontani forse mai esistiti. E poi di nuovo la passione ha incendiato i nostri corpi, per tutta la notte. Non mi è mai più successa una cosa del genere, forse due anime così diverse si completano, forse serve il buio più nero per apprezzare veramente la luminosità dei raggi solari.
La mattina dopo sei sparita, senza dare troppe spiegazioni. Il lavoro, le responsabilità, la tua vita impegnata. Io invece me ne restai sdraiato forse altre quattro ore prima di andare a suonare svogliato in un’altra bettola più lurida.
Non ho mai più saputo nulla di te, se sei mai riuscita a far prevalere le tue doti, se ti sei poi trasferita altrove perché, a tuo dire, eri sprecata in questo buco dimenticato da Dio.
Per me, invece, le cose hanno preso una brutta piega. Non ho un tetto, l’inverno è ormai alle porte, le mie canzoni non sono più al passo con questi tempi. Sono anche abbastanza malconcio, non mangio da parecchio. Avventure come quella non ne ho vissute più da molto, molto tempo ormai. Non biasimo nessuno, sia chiaro, chi si avvicinerebbe a qualcuno ridotto come me? Il poco che riesco a racimolare lo spendo in nettari inebrianti e, detto fra noi, non credo di resistere in queste condizioni ancora per molto.
Ma la sai una cosa? Ho goduto questa vita, l’ho vissuta intensamente. Ho bruciato la candela da entrambe le estremità e non mi pento di nulla, neanche delle sofferenze. Ogni istante io lo posso rivivere, ogni incontro fatto nella mia vita mi ha lasciato un insegnamento. Il passato lo ripercorro e ne sorrido.
Se la mia vita dovesse finire domani, posso dire di essere fiero di averla vissuta così.
Tutto quello che hai ottenuto, a cosa ti sarà servito quando sarai sdraiata come lo sono io? La formica che ti sostituirà sarà abile forse più di te. All’interno della colonia resterai solo un ricordo, sempre più sbiadito, di una come tante forse brava più di tante, lontana un universo dagli altri in una distesa di granelli di sabbia tutti uguali. In un formicaio identico a milioni di altri formicai.
Invece quella notte ho cantato ai tuoi occhi. Li ricordo ancora oggi e saprei distinguerli in quell’oceano infinito di granelli di sabbia perché, anche se per un breve istante, ho visto una luce diversa illuminarli da dentro. Un breve lampo, ma so per certo che quella sera hai capito il mio mondo e ne sei rimasta incantata.
Finché avrò forza farò vibrare l'addome: canto al sole che ha deciso di nascondersi, canto al caldo che non c’è più e canto a tutti i compagni di questa vita, perché l'hanno resa degna di essere vissuta.

1 comment:

  1. Che bello Bips, veramente da pelle d'oca, per me, il mio sentire.
    E poi, non avevo pensato mai alla favola in quest'ottica...
    un abbraccio.
    tt

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